Il Buddhismo Theravada della Tradizione Thailandese della Foresta
Il Buddhismo Theravada è conosciuto con il termine di “via degli anziani” perché rappresenta una delle scuole buddhiste più antiche tra quelle tuttora esistenti.
Si basa sulla predicazione del Buddha e le sue vicende che furono per secoli tramandate oralmente e solo nel I secolo a.C. furono messe per iscritto nella prima redazione del canone nell'isola di Sri Lanka, in un dialetto simile al sanscrito, la lingua pali.
E’ molto diffuso nel sud-est asiatico, soprattutto in Thailandia, Sri Lanka, Cambogia, Laos e Myanmar.
Il centro di meditazione Il Sangha del Lago, affiliato al monastero Santacittarama, si rifà alla Tradizione Thailandese della Foresta, un fertile movimento di rinascita della scuola Theravada, promosso dal monaco Ajahn Chah e diffusosi poi in tutto il mondo. Alcune persone occidentali cominciarono ad avvicinarsi ai monasteri di Ajahn Chah negli anni '60 e '70. Ajahn Sumedho, di origine statunitense, fu una figura cruciale per dare il via alla fondazione del primo monastero in occidente, a Londra. Sorsero quindi monasteri in Australia, Nuova Zelanda, Svizzera, Italia, Canada, Stati Uniti, ...
Lo stesso Ajahn Chah si recò due volte in Europa e in America e sostenne con forza queste nuove realtà, osservando che il buddhismo in Thailandia era come un vecchio albero che un tempo era stato pieno di vigore e ricco di frutti, ma adesso era invecchiato a tal punto che ne poteva produrre solo pochi, piccoli e amari. Al contrario, paragonò il buddhismo in Occidente ad un giovane alberello, pieno di energia giovanile e potenzialmente in crescita, ma con la necessità di essere accudito nel modo giusto e aiutato per il suo sviluppo. .
Perché questo interesse in Occidente per una antica tradizione orientale?
Il “metodo” del Buddha, una via molto pratica
Il Buddha invitava ad astenersi dal credere a un insegnamento basandosi sulla pura “cieca fede”, bensì esortava a farne esperienza diretta:
“Non è forse vero, o monaci, che voi non direste se non ciò che avete da voi stessi ben conosciuto, visto e saputo?” “Certamente, signore!” “Benissimo, o monaci! Voi siete stati ben condotti da questa mia chiara dottrina senza tempo, che tutti possono verificare, che conduce alla salvezza, direttamente sperimentabile da ogni essere conoscente”. (Majjhima Nikaya, 38)
Il Buddha consiglia anche di “cambiare Maestro” se la via indicata non funziona. Si tratta quindi di un insegnamento di carattere pratico, finalizzato al superamento della sofferenza, ma assolutamente non dogmatico né prescrittivo.
É, in sostanza, un invito a “provare” questa via che conduce alla liberazione della sofferenza che probabilmente molte persone, anche in Occidente, cercano partendo dalla consapevolezza sia del fatto che “c'è sofferenza” sia del potenziale che ognuno possiede per superarla.
“O monaci, in passato e ora, quello che io insegno è una cosa soltanto: la sofferenza (dukkha) e il superamento della sofferenza (dukkhanirodha)” (Majjhima Nikaya, 22)
La Meditazione
Uno dei passi del “Nobile ottuplice Sentiero”, la “guida pratica” che il Buddha ci fornisce appunto quasi come fosse un manuale di istruzioni da fare proprio e applicare nella vita quotidiana, è “Samma Samadhi”, la retta meditazione.
La meditazione vipassana (“meditazione di chiara visione”) ha lo scopo di favorire la percezione della natura della realtà e la corretta comprensione di come funzionano le cose. Si tratta della più antica tra le pratiche buddhiste. Il metodo viene spiegato nel Satipattana Sutta, un discorso attribuito allo stesso Buddha. Si tratta di una tecnica gentile ma anche molto accurata: è un antico sistema codificato volto ad addestrare la mente per accrescere la propria ricettività all'esperienza della vita. Lo scopo è imparare a vedere la verità della natura impermanente, insoddisfacente e insostanziale dei fenomeni.
Nel Centro viene insegnata e praticata la meditazione in varie sessioni e per praticanti con diversi livelli di esperienza (guarda la sala di Meditazione).
Pur non trattandosi di una “tecnica” né di una pratica con rigide regole, perché basata appunto su un fondamento essenzialmente esperienziale, la meditazione praticata nel centro, seduta o camminata, fornisce strumenti utili per raggiungere profondi livelli di osservazione diretta della realtà così com'è (a partire dal corpo, il respiro, i pensieri, …) ed accedere così a uno stato di calma profonda. Questo stato trascende il dubbio e il livello concettuale, portando a esperire la vita per quella che è, piuttosto che per come si desidera o si immagina.
Scegliendo di dedicare uno spazio e un tempo alla meditazione ci si regalano preziosi momenti di silenzio e onestà: esperienze fondamentali per nutrire la presenza mentale e coltivare abitudini salutari. L'effetto, anche nella vita quotidiana, è una trasformazione, un orientamento a vivere nel presente, ad affrontare la vita con coraggio e compassione, accogliendo ogni istante con apertura e gratitudine e lasciando andare ogni attaccamento che produca sofferenza, incluso quello alle opinioni, alle regole rigide e all'idea di un “sè” permanente.
“Meditate, o monaci, non differite la meditazione, perché ve ne pentirete dopo. Questa è la mia istruzione per voi”. Così insegnò il Buddha e i monaci furono felici di ascoltare le sue parole. (Majjhima Nikaya, 19)
“La piena consapevolezza del respiro, se sviluppata e praticata ininterrottamente secondo questi insegnamenti, darà frutti e sarà di grande beneficio”. Questo è ciò che disse il Risvegliato e tutti i partecipanti provarono gratitudine e gioia per aver udito i suoi insegnamenti. (Satipattanasutta)